[Postfazione completa a La città sfinge, Edizioni del Girasole, Ravenna, 2014]
Posta
al centro di quel meraviglioso affresco popolare che è il Decameron,
la novella di Nastagio degli Onesti spiazza il lettore di Boccaccio
come la variazione improvvisa di una sinfonia. Il tono della
narrazione non cambia, né muta la straordinaria ricchezza della
lingua trecentesca: è qualcosa di più oscuro che disturba la
lettura di quelle poche pagine, qualcosa di più arduo da definire.
L'orizzonte
narrativo del Decameron
è totalmente terreno, immerso nella quotidianità della vita
comunale e mercantile dell'Italia medievale. Per la prima volta nella
storia della letteratura italiana, l'epos
è
utilizzato per cantare le esistenze più umili, le miserie e le
grandezze dello spirito popolare, la sagacità innata dell'uomo della
strada.