venerdì 30 marzo 2012

Come la testa di un pesce

"E a volte riaffiora come la testa di un pesce
il ricordo dell'anima che un tempo
ci guidò fra spettri stellati."


Riaffiora come la testa di un pesce dice un poeta che conosco è il Mistero a riaffiorare proprio quando le parole sembrano esser diventate più chiare, è vero, lo dice un poeta che conosco perché è così che quando più le cose sembran semplici e più ti sei immerso nello studio è allora che senti qualcosa che manca che sfugge che stanca che si potrebbe chiamare caos penso o caso – basta retrocedere la esse e spingere avanti la o – o assurdo anche, e invece il poeta che conosco ha scelto di chiamare il mistero di chiamarlo l'ha chiamato il riaffiorare della testa di un pesce e allora ditemi voi ditemi se avete mai visto un pesce riaffiorare con la testa o sennò parlatemi del mistero, vi prego.

venerdì 23 marzo 2012

Linguaggi, scritture, parole


Un linguaggio d'alta montagna, rarefatto, lieve e nitido. Niente che sbavi o disturbi, ogni parola pulita, ogni frase ben calibrata. Da scrivere col martello sul marmo, definitivamente: parole che si fanno geologia, reticoli cristallini immutabili.

giovedì 15 marzo 2012

L'uomo che voleva essere coerente a tutti i costi

 
Me lo chiedeva sempre, Sai che fine ha fatto l'uomo che voleva essere coerente a tutti i costi, mi diceva; e mi guardava con uno sguardo strano, indagatore, come per sapere se capivo davvero quello che mi voleva dire.
Io stavo al gioco. No, non lo so, rispondevo, che fine ha fatto? E allora s'illuminava in un gran sorriso e la risposta, come la domanda, era sempre la stessa: Ha finito per mangiarsi, pezzo a pezzo. Ecco che fine ha fatto l'uomo che voleva essere coerente a tutti costi.
Non gli chiesi mai il significato della storiella, ma mi è rimasta dentro. Non è mai più uscita, come certi brutti pensieri che ti prendono sempre quando guardi un carro funebre.

lunedì 12 marzo 2012

Lavori in corso


Le dame di Monte Sassone



Il tempo sfilacciato di una vita

ché nulla può farci l’ago

ha avuto forse pietà di noi

delle case abbandonate quando

il passo del giaguaro

seminava grida pari

al crollo delle terre

sotto il bacio dell’aratro


quando il seme inselvatichiva

e la mala pianta taceva

i segreti andati in fiamme


quando gonfie nubi ferrose

s’alzavano sulle rovine

e i custodi di sale ricolme

di bronzi e di giade

lasciavano che il filo delle lame

si dipanasse ai loro piedi


quando

quando


quando


*

e a fare come il cavaliere,

che all’ago preferì i telai d’oro

delle dame di monte Sassone


- si badi alla luce delle vesti

come un tempio il cui marmo

sia inciso nel fuoco di costellazioni

ma spolpando il frutto della luce

il succo ripugna

come un porcaro

vestito da signore –


e il cui corpo sbriciolato

fu gettato dalla furia del serpente

giù nell’ombra della terra

fino a fare minerale del pensiero,


noi cosa perderemmo

e cosa avremmo al sicuro ora

che il secco si beve tutto

che i lembi del lago hanno branchie

da cui svapora l’oro dei campi?



Da I Santuari



Dormivano tutti. Nel buio del formicaio s’aprivano uova, larve bianche cadevano sulla sabbia bianca. La terra, giù in fondo, era tutta pietra e putridume, il cielo pesava quintali.

Si fece il profilo, poi la forma si raccolse tutta in una sete. L’alba venne bianca in un ronzio. Fu come aprire il reame dell’oro, lasciare la chiave agli stormi, credere che un solo respiro destasse i sogni dalle acque.


Il mistero che il mondo ha fatto concreto (sentire: respiro che apre le cellule, beve la nostra fame e si attacca alla luce in fondo alle vene) si rovescia, ruote all’aria, immerso dentro il fango.

Allora, diremo che il tempo ci ha portato via tutto, la strada, gli ulivi, le nuvole che s’ammassavano, i monti scagliati da un fulmine vile. E i germogli, che forano l’aria minerale spessa centimetri.


Credo al burro, quando scioglie e spande dappertutto l’odore morbido che prende le ore per la coda. Chiedo se l’odore andrà mai via, perché aleggia come voce, e so quanto mi sia caro, ma poi penso che la stella che apre il mattino un giorno brillerà come fosse luce cava e tutto il minerale sarà vetro sparpagliato senza voce, senza piante, senza un passo e allora passa

l’odore del burro.

venerdì 9 marzo 2012

Dietro al bancone


Dietro al bancone di un pub, dietro alla birra – piccola? - media - bionda? - rossa, dietro agli occhi della barista, dietro alle tette della barista, ecco un bel posto dove pensare. Più protetti di così, penso. Guardo i cimeli appesi ai muri: qualche foto, qualche poster di film vecchi, visi di attrici del passato, macchine d'epoca.