sabato 31 ottobre 2009

Il blog e l'anonimìa, ovvero perché lasciare una traccia

In quanto blog, questo è uno spazio pubblico.

Sono permesse critiche, commenti, suggerimenti, idee.
Il Web crea spazi di confronto (forum: piazze) ed è giusto usufruirne.

Non potrei pensare a nulla di più bello di uno scambio letterario con un pubblico anonimo.

Alcuni storceranno la bocca.
Ma come? Un pubblico anonimo, digitale, è meglio di un pubblico in carne ed ossa?
Come fidarsi di nick volatili ed immateriali, dietro cui potrebbe celarsi chiunque?
Come prendere sul serio l’opinione di un perfetto Nessuno?
Come prestare fede a ciò che viene detto per uno schermo che appiattisce, filtra, falsa ogni cosa?

Ma chi l’ha detto che lo schermo è un filtro?
Non è affatto vero: lo schermo non distorce un bel niente.

La fredda obiettività digitale è più utile per comprendere una persona che dieci uscite consecutive a parlare del più e del meno.
Ciò si può benissimo osservare nei tanti amati-odiati social network, dove l’unica legge fissa è: “tutto è così come appare.”
Dopo appena due minuti di navigazione sulle pagine di prefetti sconosciuti, siamo in grado di dare un giudizio che, con un piccolo margine d’errore, è spesso del tutto fondato.
Figuriamoci poi se si tratta di scambiare idee.

Non di rado, attraverso questi pochi centimetri di silicio, possono nascere concetti che mai si avrebbe il coraggio di esprimere davanti a persone concrete, vuoi per vergogna, vuoi per uno sguardo storto, per un gesto, per un attimo fuggito.

E non puoi mentire: lo sguardo digitale restituirà in modo perfetto non solo le parole manifeste, ma anche e soprattutto le idee nascoste, le convinzioni profonde, le opinioni che non avresti mai la forza di confessare.
La verità, se così si può definire.

Il cervello degli afasici non riesce a comprendere il significato delle parole che percepisce.
Sente suoni, ma non coglie il loro senso.
Eppure, se non nei casi più gravi, gli afasici riescono a comprendere quel viene loro detto e possono continuare ad avere relazioni con gli altri.
Non solo, alcuni possono capire immediatamente se stai dicendo loro la verità o meno, quasi come avessero acquisito nuove facoltà per compensare la mancanza di una normale percezione.

Non capire le parole non significa non sentirle, non avvertire i toni, gli accenti, le modulazioni della voce, il ritmo della parlata. E soprattutto non significa non vedere il corpo di chi parla: i suoi gesti, il suo sguardo, la sua mimica.
È questa componente non-verbale che permette loro di capire l'interlocutore integrando insieme le informazioni che possono acquisire indirettamente.

Cosa vuol dire tutto questo?
Presto detto: la macchina non capisce nulla di quello che scrivete.
Non sa il significato delle vostre frasi.
Ma in ognuna di essa è nascosta una componente extra-verbale, che arriva al destinatario, che svela i vostri pensieri.

Parlando con l’Anonimo non riusciremo mai a conoscere il suo nome, la sua data di nascita, la residenza, il suo lavoro. In questo senso, la sua identità ci rimarrà nascosta.
Questa tuttavia è un identità che non interessa a nessuno, che sì connota l’individuo, ma non lo caratterizza.

Avremo colto, invece, un’altra identità, ben più importante e nascosta, interiore.
L’essenza, per così dire, di quella persona, il carattere che molto più del nome e del cognome distingue l’Individuo da ogni altro individuo al mondo.

Le buone interferenze sono anche queste: le vostre.
Deviateci, iniziateci a nuove strade.

Per vedere, per farvi vedere

L’acqua, lo sento, non bagna più
Sa di ferro, di sangue oramai.

Una notte m’è passata di fianco
La vita: anni di voci, di gesti

In pochi minuti. Ho avvertito
La ruvida carezza del tempo.

Tanto vagammo in terra, in mare
Da soli, per sempre da soli.

L’acqua, lo sento, non placa più
Ha il colore della polvere.

Mi sono svegliato, alla luce del giorno,
ancora e ancora, da solo.

Einmal ist keinmal, sussurrano piano.
Tanto vagammo in mare, in terra

Consumammo le suole, le ore.
Ancora e ancora, da soli.

Iacopo - parole
Elia - link

venerdì 30 ottobre 2009

Trento, 30 Ottobre 2009

Io voglio fermarmi al regno dei vivi
Dove il picco ricurvo frammenta
Le soglie infinite, laggiù, il regno
Celato dal sole, ciò non mi importa.
Resti serrata la vita fluente
Dal mondo al mondo, serrata
Che il vento a spirale e lo scrigno
Riprendano il regno perduto.

Perché perduto, come il corso
Di ogni vita che inizia il suo ciclo
Tanto vagammo in terra, in mare
E ancora, oltre questi, alla visione
Di un regno straniero
E ora un grande regno perduto.
Ogni granello del tempo
Fu una famiglia da amare
.

Elia - parole
Iacopo - link