domenica 21 dicembre 2014

L'astuzia di Nastagio

[Postfazione completa a La città sfinge, Edizioni del Girasole, Ravenna, 2014]

Posta al centro di quel meraviglioso affresco popolare che è il Decameron, la novella di Nastagio degli Onesti spiazza il lettore di Boccaccio come la variazione improvvisa di una sinfonia. Il tono della narrazione non cambia, né muta la straordinaria ricchezza della lingua trecentesca: è qualcosa di più oscuro che disturba la lettura di quelle poche pagine, qualcosa di più arduo da definire.

L'orizzonte narrativo del Decameron è totalmente terreno, immerso nella quotidianità della vita comunale e mercantile dell'Italia medievale. Per la prima volta nella storia della letteratura italiana, l'epos è utilizzato per cantare le esistenze più umili, le miserie e le grandezze dello spirito popolare, la sagacità innata dell'uomo della strada.

lunedì 17 novembre 2014

Intervista ad Alessandro Gori aka Lo Sgargabonzi






[Milano Marittima, ore 2.00.
Mentre sta per scatenarsi la tempesta del secolo sulla riviera romagnola, io me ne sto seduto a un tavolino sotto la veranda del Rosen Garden Hotel in compagnia di Alessandro Gori, classe '78, aretino, nonché comico impertinente a capo del controverso blog Lo Sgargabonzi, autore del libro Le avventure di Gunther Brodolini, pubblicato per i tipi di Fuorionda nel 2013, e in uscita a novembre con il suo secondo romanzo, Bolbo, scritto a quattro mani con l'amico Gianluca Cincinelli. 
Il freddo e l'ora tarda ci costringono a una chiacchierata più rapida del previsto, ma non priva di spunti interessanti.]


lunedì 27 ottobre 2014

Boyhoood, un'educazione sentimentale

Non si tratta di una recherche du temps perdu: il tempo è lì, sullo schermo, tangibile, visibile. Nessuna nostalgia nell'ultimo lavoro di Richard Linklater, Boyhood (2014), ma piuttosto sguardi clinici e impietosi. Un'educazione sentimentale.

domenica 21 settembre 2014

Es patrìda gaian #9

A Tommaso, formidabile arrancatore

Dendriti, stiliti, meteoriti. C'è chi cerca dio sugli alberi, chi sulle colonne, e chi sulle Meteore. Strane Meteore, che invece di abbattersi a terra si slanciano per centinaia di metri verso il cielo.

Cominciano a vedersi già diversi chilometri prima dell'arrivo a Kalambaka, questi giganti di arenaria. Dai finestrini della macchina hanno l'aspetto fantasioso e leggero delle costruzioni dei bambini sulla spiaggia, quando si lasciano colare la sabbia dalle mani, innalzando torrette fatte di ribòboli e rigonfiamenti, a metà strada tra le guglie gotiche milanesi e i progetti di Gaudì.

mercoledì 10 settembre 2014

Es patrìda gaian #8

"Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away."

P. B. Shelley

Anche i Greci hanno avuto i loro Greci. Lo stupore schiacciante che proviamo al cospetto delle opere e dei personaggi dell'antichità greca è analogo alla meraviglia timorosa che gli stessi greci hanno espresso nei confronti della civiltà minoica.

Ogni civiltà si sceglie i propri antenati, più o meno coscientemente, in un processo di invenzione e definizione delle proprie radici. Per questo motivo, ogni civiltà rimpiange un passato dorato, un'epoca perduta di grandezza e perfezione, che funge da indicazione per il futuro, e allo stesso tempo da lievito stimolante.

lunedì 1 settembre 2014

I sentieri di Dino Campana

[Pubblichiamo qui sotto due brevi estratti dal monologo I sentieri di Dino Campana che sarà recitato il 6 settembre da Gianfranco Tondini presso il Rifugio La Burraia (Santa Sofia, FC), in occasione dell'escursione dedicata da Ravenna Festival e Trail Romagna al centenario della pubblicazione dei Canti Orfici di Dino Campana. Qui, informazioni dettagliate.]

lunedì 25 agosto 2014

Es patrìda gaian #7

Quanto può influire lo spazio sul pensiero? Assomigliamo forse più al nostro dove, che al nostro quando.

La posizione di Vernant è chiara: la nascita di un pensiero razionale e laico, l'emergere di un logos capace di contrapporsi ad un mythos, è indissolubilmente legata alla inedita dimensione spaziale che gli ha fatto da quinta storica: la polis.

mercoledì 13 agosto 2014

Es patrìda gaian #6

La Tessaglia si apre improvvisa, dopo chilometri di strade tormentate, come un respiro. Campi gialli infiniti, cielo limpido: un paesaggio quasi americano, da grande West, non fosse per le pecore ai lati delle strade, o per l'inteso odore di mediterraneo che continua a soffiare nel vento.

Siamo già lontani dalla classicità, dal grande abbaglio di marmo e mare; questa è terra selvatica, allo stato brado, Grecia barbara, che si contrappone alla prima come una sorella maggiore, più vecchia e scontrosa, forastica. Qui, secondo il mito, gli Dei giovani e "civili", quelli dell'Olimpo, hanno combattuto la guerra contro i Titani, Dei "selvaggi", vincendoli e istituendo un nuovo cosmo fatto di patti e giuramenti.

lunedì 11 agosto 2014

Es patrìda gaian #5

Ci sono cose che possono essere capite solo in rapporto al "dove" nel quale sono accadute; cose che si spiegano solo grazie alla geografia, allo spazio, o più semplicemente, grazie al suolo.

Si racconta che Latona, incinta e raminga, condannata dalla gelosa Era a non trovare posto alcuno sulla terra per partorire i suoi gemelli, sia infine approdata a Delo, isola galleggiante in mezzo alle Cicladi - non più mare, non ancora terraferma - dove infine sarebbe riuscita a dare alla luce Apollo e Artemide, eludendo la maledizione.

sabato 26 luglio 2014

Es patrìda gaian #4

La strada che porta a Epidauro è poco frequentata. Si ripetono curve dolci, saliscendi morbidi, immersi nel verde dei pini marittimi. Sembra quasi che anche il sole qui sia più clemente, più umano, e non il solito mediterraneo disco di ferro battente. Non stupisce che il santuario dedicato ad Asclepio l'abbiano voluto fondare in questi luoghi: come per le case di cura moderne, immerse in quelle scenografie bucoliche e agresti che, in fondo, fanno sempre immalinconire un po'.

Assieme a Olimpia e a Delfi, per ragioni affatto diverse, Epidauro è stato un centro di raccolta e pellegrinaggio di importanza notevole per la civiltà greca. Il santuario doveva essere in un qualche modo un luogo paragonabile alla Lourdes moderna, in cui si va per ricevere la guarigione dal dio, in questo caso Asclepio.

giovedì 24 luglio 2014

Es patrìda gaian #3

Sparta - anzi, Sparti - langue innocua al centro della sua bella pianura. Quattro strade, per di più brutte e polverose, ricostruite in fretta e furia così come veniva più comodo, a centuriazione romana. Qualche spartana sorbisce con la solita indolenza l'immancabile caffè-frappè estivo, guardandoci passare con aria interrogativa.

Nulla che lasci riaffiorare il passato, nulla che riesca a fare anche solo intuire l'esistenza di una delle città più importanti della storia occidentale. Altroché "Questa è Sparta!", altroché Leonida! Oggi alza goffamente la sua spada davanti allo stadio cittadino, impietrito dentro una scultura discutibile, meta di fanatici o di americani di passaggio in vacanza di gruppo.

martedì 22 luglio 2014

Es patrìda gaian #2

È poco più che un ragazzo. Guarda davanti a sé con occhi bene aperti, attentissimi. Scruta forse le imperfezioni dell'arena prima della corsa, ma potrebbe anche ammirare il podio, potrebbe, con una punta d'invidia per il vincitore, o con quella calma profonda in cui precipitiamo dopo la vittoria. L'auriga sta per stringere in pugno le redini che si divincolano come serpenti: ma ancora il movimento è ambiguo, impossibile distinguere se di stretta o di resa.

Lo sguardo è fermo, il collo saldo: ma già il bicipite è gravido di una genesi di sforzo. I piedi, realissimi, accidentati, ben fermi a terra: ma già le labbra sembrano dischiudersi nel primo urlo per incitare i cavalli. C'è qualcosa che si agita dentro all'Auriga di Delfi, ma non sappiamo definire cosa. Un'indecisione profonda, uno scontrarsi psichico, camuffato dietro un'apparenza di quiete e contemplazione.

lunedì 21 luglio 2014

Es patrìda gaian #1

Ci si lascia l'agorà alle spalle, salendo. L'ombra bassa e odorosa dei pini è come una promessa: nasconde il sole spietato, allevia la fatica dell'ascesa. Le indicazioni sono poche, sulla collina della Pnice - i turisti ancora meno. Qualche ateniese si riposa su una panchina scrostata, fuma, dormicchia. Le lucertole approfittano degli sprazzi di luce disegnati sugli aghi di pino prima di sparire inghiottita nel folto delle agavi. Tutto odora di caldo, tutto è immobile nel frinire delle cicale.

Si ascende fino alla cima, poca cosa in confronto all'Acropoli. Quindi il verde dirada, si apre imprevisto a un bianco accecante, verso ponente. Spunta la roccia, nuda, come se avessero ferito la collina fino a mostrarne le ossa. È un teatro naturale, a semicerchio, che degrada impercettibile. Non un arbusto, se non sterpi bruciati e spinosi. A est, le chiome ossute dei pini; a ovest la città, a perdita d'occhio, un mostro incoerente di case e terrazze bianco sporche, che sale ed avvinghia alla gola il monte Licabetto.

mercoledì 14 maggio 2014

La comicità amara di Antonio Rezza


C'è qualcosa, una qualità del corpo asciutto ed istrionico di Rezza, una modulazione della sua voce, in grado di far esplodere la sala in risate impossibili da frenare. A volte basta un gesto, un urlo, uno sguardo, perché la comicità, come un'onda elettromagnetica invisibile, si propaghi istantaneamente dalla scena alle poltrone, e si coaguli in quel fatto curioso e illogico che chiamiamo risata.

martedì 25 marzo 2014

Discorso Grigio di Fanny & Alexander


La simbologia, soprattutto se applicata ai colori, può essere ambigua. È difficile non cadere nei personalismi, nelle idiosincrasie, e interpretare la semantica del colore con il dovuto distacco. Così è per Discorso Grigio, lo spettacolo di Fanny & Alexander dedicato all'analisi teatrale della retorica politica.

Il grigio è il colore dell'indistinto, del fumo, dell'opacità. Il grigio è il colore spurio per eccellenza, il colore del torbido quotidiano, della prassi ripetitiva. Grigio è l'ordinario. La scelta di questo colore per connotare il politico in genere risponde, credo, ad una scelta precisa operata dal gruppo teatrale ravennate.

giovedì 20 marzo 2014

Coro a sei voci

[Con questo intervento desidero ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile la realizzazione di questo libriccino. In primo luogo i due bravissimi grafici che lo hanno concepito, dalla copertina alla scelta dei materiali, Nicola Varesco e Michele Evangelisti Savini. Senza il loro lavoro, gratuito e serio, senza il loro entusiasmo, la poesia sarebbe rimasta priva del suo logico supporto cartaceo. Ma non posso non citare anche chi, attraverso i suoi consigli, le sue opinioni, i suoi incoraggiamenti, mi ha permesso di migliorare e di portare a compimento questo lavoro: Elisabetta, Elia, Luca Cortesi, Elisa Angelini, Ermanna Montanari e Marco Martinelli, Franco Costantini e Ivano Mazzani. A tutti quanti esprimo la mia gratitudine sincera.
Per chi fosse interessato, qui si può scaricare la poesia.]



Le poesie nascono nei modi più strani.
Questa non fa eccezione: è cresciuta su se stessa dall'ammucchiarsi di tanti particolari, visti e rivisti ogni giorno. Il riflesso della mia bici sulle vetrine, una targa bianca in memoria dei caduti partigiani, il colore screziato della laguna, il verde salato della pineta, le case basse e muschiose del borgo. Immagini condivise, luoghi comuni, verrebbe da dire: ma appunto perché comuni, diretti, parlanti.

giovedì 27 febbraio 2014

Cosa so fare?

[Ospitiamo per la prima volta sul blog un intervento che non abbiamo scritto noi, per festeggiare la laurea di un nostro caro amico. Alla domanda "Che cosa so fare?", parte di un questionario universitario sulle abilità artistiche e grafiche sviluppate nel corso degli studi triennali, il giovane laureato ha risposto in questo modo, che abbiamo trovato irresistibilmente iroNico.]

Cosa so fare?

So arrotolare bene il filo del phon intorno al phon.
Faccio passare il cavo attorno al manico e alla parte superiore da cui esce l'aria, prima sull'uno e poi sull'altra. Il cavo è perfettamente dritto, in modo tale che non si formino nodi e rigiramenti vari; la presa poi la incastro nel cavo che è stato appena arrotolato. Quest'ultimo ha formato una perfetta rete lineare che ricorda una scacchiera ondulata. Il phon sarà così perfettamente accessibile se sistemato all'interno di una scatola contenente tanti oggetti, poiché il cavo non intralcerà la sua fuoriuscita. Il tutto viene realizzato in un tempo che va dai tre a cinque secondi.

Sono anche bravo a scrivere cose inutili.

domenica 9 febbraio 2014

Lisbona. Qualche appunto sconclusionato

La prima qualità che colpisce – diretto, agli occhi – il visitatore, è la luce del sole, bianchissima, che in pieno giorno si riflette a meridione sulla foce del Tago. Cammini per il Chiado, rivolgi lo sguardo al fiume (che è come un preannuncio di mare) e la luce ti inonda, motteggiando un miracolo; annulla i colori degli azulejos in un'istantanea chiarissima, sovraesposta. Non si tratta di un nitore toscano, di quelli che rendono più chiari i colori, più razionali gli spazi; si tratta di un lucore atlantico che abbaglia, confonde la vista. Perché Lisbona non è già più una città mediterranea. È una città limite, appesa all'estremo del vecchio continente, con un piede sull'ultimo sperone di roccia lusitano, e l'altro già immerso nell'oceano.

Si sarebbe portati quasi a crederci, al mito che la vuole fondata da Ulisse durante le sue errabonde navigazioni mediterranee; da Ulyssippo a Lisbona, l'etimo è breve. Mi immagino l'Ulisse dantesco approdare al sicuro, nel golfo protetto dalle acque grigio-verdi del Tago: giusto il tempo di fondare un'estrema città, prima di lanciarsi nella folle traversata della virtute e dell'ubrica canoscenza.

domenica 26 gennaio 2014

Imitazione di Senofane

Gli italiani? Lussi inutili impararono dall'Occidente,
quando ancora non v'era l'odiata crisi.
Andavano in piazza con odiosi piumini imbottiti
(erano milioni, non di meno)
superbi, vanitosi, con orribili acconciature
inondati di costosissimi profumi.

Ormai ventitré anni rigirano
il mio pensiero per l'Italia:
tutto intero vedo, penso e odo.

D’inverno bisogna stare presso al fuoco,
sdraiati su morbidi cuscini, dopo aver ben mangiato,
e bere un dolce vino, sgranocchiando ceci,
e chiacchierare: “Di dove sei, caro? Quanti anni hai?
Quanti ne avevi quando venne il Meneghino?”