Il pomeriggio colora di azzurro
Una chioma altrimenti verde
E di verde un cielo altrimenti blu
E l’occhio si siede sul consueto
Grigio astratto delle case
E immagina interni forse inesistenti.
Aspetto la sera e penso al mare
Ai gabbiani che pescano tuffandosi
Mentre il cielo ruota nella notte.
La sabbia si solleva in brevi turbini
Che scavano il vento e poi si posano
In una seconda e terza attesa
Fino al nuovo volo, verso le onde
Appartenenti a entrambi i mari.
Parlare di queste cose
È come parlare di ciò che non c’è
Poiché il mare è lontano e il sole
Si scioglie sul mondo esausto.
La pace del giorno festivo
Quella che animava l’amore
Dorme accanto ad una candela
Che manda lampi intermittenti
Lanciati da una mano dispettosa.
Oltre il breve fuoco del lampo
Scorgo una parvenza di vita incompleta
E mi chiedo quale sia il senso
Il significato del suo agire.
Il mondo si assottiglia per l’inquinamento
Ambientale e culturale
E la fragile parvenza delle cose
Cresce in progressive debolezze
E c’è da chiedersi fino a quando
E fino a dove la volontà di vita
Si spingerà
A contrastare la volontà di crollo.
Forse le macerie sono già in noi
E le case tanto solide giacciono su rovine
Che a loro volta nacquero su ruderi remoti
E noi stesi in un abbraccio
Uniamo una latente distruzione
Che farà piangere e lacrimare;
Ma l’esistere è questo ed altro
E senza paura ti voglio invitare
All’ascolto di una sera di primavera
Che appare lontana, obliqua nel riflesso
Mentre dicembre brucia nel fuoco.
venerdì 25 dicembre 2009
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