[Rispondo con una vecchia poesia alla precedente poesia di Elia. L'idea è quella di delineare una geografia personale, un buon localismo, attraverso l'esercizio della parola poetica. Versi nati per caso, dalla noia. Il treno si era bloccato per ore, a causa di non so quali problemi, nel mezzo del niente, in piena campagna romagnola.]
Provo
ancora meraviglia, l'ammetto.
Poso
il libro e guardo fuori: attorno
indaffarati
passeggeri senza
nome.
Indifferenti al mistero
d'una
rinascita tacita e lieve -
sono
i peschi in fiore, e i mandorli.
Un
pulviscolo rosa o innevato,
gocce
casuali di nuovo colore:
ecco
ciò che stordisce il mio sguardo.
Lontani
nel turchese gli Appennini:
ma
qui non v'è quel movimento. Solo
un
ampio respiro di pianura
e
logici filari allineati.
Provo
ancora meraviglia, l'ammetto:
nessuna
mente divina potrebbe
ambire
a tale bellezza. Lascio
voi
ai vostri impegni. Guardo
altrove.
Silenzioso sono e assente.
E
se anche fosse soltanto finzione,
nulla
più di un attimo ubriaco,
sarebbe
il reale ad aver torto –
e
varrebbe la pena di restare
bocca
aperta davanti all'illusione.
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