giovedì 25 ottobre 2012

Il giudizio estetico nella scienza antica e moderna


Rendo disponibile sul blog, nella sezione Lavori, la tesi scritta nei caldi mesi estivi di questo anno. Si tratta di un lavoro ibrido, tra l'estetica e la filosofia della scienza, nel quale si sostiene l'ipotesi che anche la scienza (come in quasi tutte le attività umane, del resto) sia e sia stata sensibilmente influenzata da considerazioni circa la bellezza e l'ordine razionale della natura, sebbene molti scientisti sostengano l'esatto opposto: la scienza è sempre pura, basata su un assoluto empirismo, e la soggettività dello scienziato non conta minimamente ai fini del suo lavoro. 



Non credo che lo scienziato si possa semplicemente "annullare" nel calcoli matematici e nelle sperimentazioni empiriche proprie del suo lavoro; non credo che considerazioni "spurie" di carattere filosofico, metafisico ed estetico (nonché teologico) possano essere liquidate quali elementi ininfluenti nella ricerca scientifica. Lo scienziato è sempre un interprete della natura, e la natura non è scritta in caratteri univoci; ciò implica che ogni sua interpretazione si basi sempre su metafisiche personali e su "stili di pensiero" propri di una certa epoca storica. Solo studiando questi elementi extra-scientifici (ovvero non basati su un metodo sperimentale) possiamo capire come la scienza avanzi e quanta parte indimostrata essa porti in sé.

Si è scelto di analizzare le considerazioni estetiche, o meglio, di capire come un giudizio estetico sul mondo abbia influito attivamente sulla scienza antica e moderna; ad esempio, una equazione è tanto più convincente quanto più sarà semplice ed elegante, e questo dimostra in fondo che ci piace pensare ad una natura semplice, elegante e comprensibile piuttosto che al "pasticciaccio" della meccanica quantistica. Ed è stato così fin dall'antichità: dai pitagorici, i primi creatori del concetto di "cosmos", passando per Platone e per i suo Demiurgo, che ordina il mondo secondo precise proporzioni matematiche, fino a Copernico, Galilei, Keplero e Einstein. Ma anche oggi questo giudizio estetico influenza lo sviluppo della scienza: il caso della teoria delle stringhe (1984-1998) è un caso esemplare di "frenesia estetica" contemporanea.

Che voglia dire davvero "giudizio estetico", ce lo dice Kant, precisamente dell'Introduzione della Critica del Giudizio (1790), dimostrandoci come la nostra facoltà estetica, o meglio, la nostra facoltà di provare piacere e dispiacere, sia in fondo basata sulle nostre facoltà conoscitive: proviamo piacere quando un oggetto sembra essere fatto apposta per essere compreso da noi. E lo scienziato non fa eccezione: prova piacere quando, con le sue leggi, riesce a dare una sistemazione organica alle proteiformi manifestazioni fenomeniche della natura. 

Gli autori che stanno alle spalle del lavoro, oltre a Kant, sono essenzialmente tre: Ludwik Fleck, Thomas S. Kuhn, Paul Feyerabend. Chi non avesse voglia di leggerla integralmente è giustificato e qui troverà un riassunto.


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