Dal mio primo intervento sulla “creazione artistica come processo cognitivo”, sono passati oramai alcuni mesi.
Nel frattempo ho cercato di sistemare la mie – alquanto confuse – idee. Mi sono chiesto se l’intero apparato teorico avesse davvero un qualche senso, o se invece fosse, come molto spesso accade, solo frutto della mia suggestione.
È davvero possibile riuscire a parlare in modo “generale” (o, per così dire, allargato), di un fenomeno inscindibile dall’individualità, quale la creazione artistica? Inoltre: è possibile riuscire a spiegare l’arte dal punto di vista cognitivo del soggetto creante?
Questo dubbio mi scoraggiava e mi distoglieva dal lavoro. La sfida sembrava insormontabile, e la paura di essere smentito pubblicamente continuava a crescere giorno dopo giorno. Troppi buchi, troppi errori, troppe imprecisioni. Idee arbitrarie e personali.
Poco tempo fa, però, mi sono imbattuto per caso in una frase dell’Atlante di Filosofia di Holenstein (probabilmente uno dei lavori di filosofia più importanti degli ultimi 10 anni) dove si dice espressamente che:
“La creatività è un fenomeno poco chiarito. (...) Per la biologia condizione decisiva perché nascano nuovi elementi è l’isolamento geografico di una popolazione. Nelle culture umane, invece, sviluppi creativi originali sono spesso frutto della vicinanza e del contatto, del commercio e della comunicazione con altre culture.”
Leggere queste righe mi ha galvanizzato e ho ricominciato a lavorare al progetto con nuova forza di lavoro e di pazienza.
Holenstein ammette che il fenomeno creativo non è ancora stato spiegato a dovere, almeno non dal punto di vista del soggetto.
Se, come credo, è ormai provato che la ricchezza culturale di un intero popolo dipende soprattutto dai rapporti sociali che esso intrattiene con altre culture (storicamente, infatti, sono proprio i periodi di intenso scambio commerciale e culturale a creare le condizioni adatte ad una intensa e imprevedibile fioritura artistica – vedi secoli 5, 12-13, 17, 19), è altrettanto vero che non si sono indagate a dovere le condizioni preliminari che precorrono la creazione artistica a livello individuale.
Inoltre, leggendo le più diverse e disparate pagine di artisti lontani nel tempo e nello spazio (in particolare nei loro scritti più intimi, quelli non immediatamente finalizzati alla pubblicazione) mi sono reso conto che la griglia logica puramente teorica che avevo proposto per spiegare il fenomeno della creazione artistica, in molti casi poteva combaciare con le idee e i sentimenti quivi espressi.
Anche questa inaspettata simmetria mi ha dato nuova voglia e curiosità di approfondire le mie tesi, correggerle e mondarle da personalismi, in un continuo contrappunto tra lettura e formulazione di uno schema razionale per comprendere meglio il fenomeno della creazione artistica.
Quel “come processo cognitivo” non va inteso come velleità teorica o pretesa di scientificità; tutt’altro.
Sappiamo che le cause e le concause della creazione artistica non possono venire ingabbiate in una sola e infallibile griglia logica, né possono essere spiegate una volta per tutte.
Qualcosa sfuggirà per sempre ad ogni razionalizzazione.
La menzione di questo processo cognitivo intende mettere l’accento sulla dimensione individuale della nostra ricerca e delle nostra attenzione: il soggetto non è in questo caso il movimento artistico sovraindividuale ma, al contrario, il singolo soggetto creante.
Vorrei precisare, inoltre, che tutto quello che leggerete non deve essere considerato altro che un esperimento, una bozza o un progetto di lavoro ancora in progress.
Il tema è davvero immenso, e le mie forze sono impari rispetto alla mole di studio necessaria ad approfondire a dovere alcune dinamiche estremamente complesse; in aggiunta, uno studio esteso dell’argomento richiederebbe un tempo superiore a quello che possiamo permetterci come semplici “amatori”.
Un’ultima cosa: ogni volta che uso gli aggettivi “mio” o “nostro”, mi riferisco indifferentemente al lavoro congiunto di Elia Tazzari e del sottoscritto. Le sue preziose osservazioni e il suo lavoro di levigatura intellettuale sono risultati indispensabili, e il suo appoggio imprescindibile. Mi ha aiutato a sviluppare uno schema più completo e maturo, aggiungendo la sua forza in casi di aperta contraddizione teorica.
È davvero una fortuna avere a disposizione un intelletto così acuto e diverso dal tuo, una cultura così vasta e solida; e, nondimeno, riuscire a discutere in modo libero ed appassionante, alla pari. Ancora grazie.
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