[Per ogni sorta di chiarimento sul progetto generale rimando al primitivo abbozzo dello schema così come lo scrisse Iacopo più di tre mesi fa e alla sua compiuta e più recente presentazione.
Come già ripetuto, state per leggere una traccia teorica, senza pretese di esaustività. Se lo trovate eccessivamente complesso, saltatelo.]
Come già ripetuto, state per leggere una traccia teorica, senza pretese di esaustività. Se lo trovate eccessivamente complesso, saltatelo.]
Insieme alla tensione verso una forma mitica che sappia ricondurre gli aspetti del reale ad una sfera genuinamente simbolica, agisce sulla causazione dell’opera artistica il forte desiderio di memoria fedele, che costituisce una vera e propria necessità biologica dell’Io artistico.
Legato essenzialmente all’istinto di sopravvivenza e a quello conseguente di perpetuazione della specie, il desiderio di memoria (qui momentaneamente “sganciato” dall’aggettivo fedele che, come vedremo, rappresenta una precisa peculiarità del fare artistico) costituisce quindi l’aspetto più strettamente biologico del finalismo agente in itinere sulla causazione artistica.
A differenza della tensione verso il mito, la cui spinta omogenea si riflette nel progressivo piegarsi della linea artistica verso l’utopica chiusura del cerchio*, il desiderio di memoria fedele assume inizialmente i contorni tipici di una profonda necessità materiale per elevarsi poi, con la spinta verso la “fedeltà” di tale proposito, in direzione di un bisogno più marcatamente artistico e quindi spirituale.
[* Per la rappresentazione geometrica del fare artistico si veda l’intervento precedente sull’Io mitico.]
La fedeltà rappresenta la presa di coscienza del Soggetto artistico riguardante la vera natura della propria opera; da questa consapevolezza scaturisce il desiderio di essere ricordato attraverso una produzione che rifletta nella maniera più veritiera possibile le intenzioni proprie dell’artista*.
[* Rifacendoci alla definizione di Io artistico come di “demiurgo” della propria opera spiegata nel precedente intervento, si potrebbe descrivere la tensione verso la fedeltà della memoria come il desiderio di mantenere una rigorosa ortodossia artistica attraverso il rifiuto di ogni eresia o pratica eterodossa che possa snaturare l’essenza del Soggetto creante deviandola verso territori che ne rifletterebbero, al contrario, solo gli aspetti rifiutati o, a seconda dei casi, rinnegati.]
La presa di coscienza del valore reale della propria opera, e quindi dell’intima intenzione ad essa connessa, è, così come l’azione curvante del finalismo mitico, un aspetto dal carattere utopico, in quanto si può realizzare solo in maniera parziale o virtuale. Tale consapevolezza si attua in continuazione lungo il percorso del Soggetto artistico che può, di volta in volta, ri – scoprire un aspetto fino a quel momento mantenutosi nell’ombra, e mutare di conseguenza la sua idea riguardo al progetto artistico in via di realizzazione.
Certamente, un’idea sul senso generale della propria opera può condurre ad un’esclusione degli elementi più grossolanamente eterodossi, ma in ogni caso questa operazione di selezione e di valutazione sul proprio percorso non può mai dirsi totalmente conclusa*.
[* La costruzione del circolo mitico e il desiderio di memoria fedele concorrono all’edificazione di un centro in cui si riflettano simultaneamente tutti gli aspetti dispersi della realtà effettuale, assimilati così ad una unità dal carattere specificamente spirituale; tale azione simultanea verso l’affermazione dell’unità potrebbe essere rappresentata dal simbolo del quadrato inscritto nel cerchio, assimilabile, secondo quanto riportato da René Guénon**, alla raffigurazione tradizionale dell’equilibrio finale. Senza entrare troppo nello specifico, ma solo per offrire un ulteriore spunto di riflessione, basti sapere che, stando all’interpretazione dell’esoterista francese, il cerchio rappresenta l’inizio di un ciclo, lo sviluppo delle possibilità (nel nostro caso, l’espansione che dal centro, ovvero l’Io artistico, muove la volontà demiurgica verso l’esterno poi determinato nella forma dell’opera d’arte), mentre il quadrato in esso racchiuso simboleggia il completamento di tale sviluppo, la cristallizzazione che conduce all’equilibrio finale per il ciclo considerato. Se per “ciclo” s’intende la vita artistica dell’autore, la circonferenza starà allora ad indicare il dispiegarsi della sua volontà in diverse direzioni e quindi in altrettante opere d’arte (tutte caratterizzate, ricordiamolo, da una costante tensione al mito) e il quadrato, assimilato all’elemento minerale, solido per eccellenza, rappresenterà la presa di coscienza sul proprio operato e la sua successiva chiusura in una forma che sia perfettamente coesa in ogni sua parte, definitivamente cristallizzata e immune da qualsiasi modificazione da parte di azioni esterne.]
[** Si vedano a questo proposito “L’esoterismo di Dante” e “Simboli della Scienza sacra”, entrambi editi in Italia da Adelphi.]
Riassumendo: l’aspetto finalistico della creazione artistica tende, nella sua duplice azione mitica e mnemonica, all’edificazione e al consolidamento di un centro che sappia garantire unità delle parti, e che costituisca al tempo stesso una fedele immagine simbolica capace di tramandare alla posterità dialogante le reali intenzioni dell’artista e di rendere così tale patrimonio “immortale”.
sì, eccessivamente complesso
RispondiEliminaquindi saltato a piè pari