La Tessaglia si apre improvvisa, dopo chilometri di strade tormentate, come un respiro. Campi gialli infiniti, cielo limpido: un paesaggio quasi americano, da grande West, non fosse per le pecore ai lati delle strade, o per l'inteso odore di mediterraneo che continua a soffiare nel vento.
Siamo già lontani dalla classicità, dal grande abbaglio di marmo e mare; questa è terra selvatica, allo stato brado, Grecia barbara, che si contrappone alla prima come una sorella maggiore, più vecchia e scontrosa, forastica. Qui, secondo il mito, gli Dei giovani e "civili", quelli dell'Olimpo, hanno combattuto la guerra contro i Titani, Dei "selvaggi", vincendoli e istituendo un nuovo cosmo fatto di patti e giuramenti.
Qui è la penisola del Pelio, la terra dei Centauri: violenti, dediti al vino, costretti a rapire e violare le fanciulle umane perché la loro razza non includeva esseri femminili, causando risse diventate leggendarie. Spesso, come nel frontone del tempio di Zeus Olimpio, queste Centauromachie (così come le Gigantomachie), sono interpretate come vittorie della norma sul caso, della civiltà sulla barbarie, in una sorta di auto-elogio o rassicurazione nevrotica della cultura greca nei confronti del non-conosciuto.
Deve essere stata questa qualità ctonia e grezza a colpire l'immaginazione dei poeti, che hanno scelto la Tessaglia per dare i natali a eroi imbattibili, feroci e animaleschi come Achille; o ancora ambientando qui, lontano dalle agorà, interi cicli epici fondativi della loro cultura, come quello degli Argonauti, ovvero della prima vera "esplorazione" della storia Occidentale; deve essere stata questa apparente lontananza dalla domesticità a spingerli a scegliere l'Olimpo, che domina la Tessaglia da nord, avvolto dalle nubi, quale luogo sacro, ovvero intangibile, per eccellenza.
La qualità primigenia, fondativa, di questa regione è rafforzata da una visita al Museo Archeologico di Volos. Quasi sconosciuta al turismo, Volos non si discosta dallo stile delle altre città greche moderne: palazzoni a strati, tetti piatti seminati da antenne, traffico congestionato, strade sporche e poco verde. Tuttavia il suo Museo è uno dei meglio tenuti di Grecia. Ospita una delle più importanti collezioni europee di arte Neolitica, con reperti ritrovati nei siti vicini di Dimini e Sesklo.
La ciclicità del tempo; la meraviglia per la recente scoperta dell'agricoltura; la sotterranea affinità tra terra ed elemento femminile; i primi labili passi verso un universo ordinato; il miraggio dell'abbondanza e la centralità del cibo, in ogni suo aspetto: tutto questo è racchiuso in quei pochi centimetri quadrati di terracotta che formano le Veneri steatopigie che si possono vedere a Volos.
Figure umane, eppure non compiutamente umane; mostruose e familiari al tempo stesso, queste Veneri terrestri si offrono allo sguardo nelle sale silenziose del museo, senza alcuna vergogna delle loro forme sformate, ma anzi nello sfoggio totale e animalesco della loro sfrontata ricchezza; ammaliano per la loro assurda antichità, per il sedimentarsi occulto del loro significato, come madri lontane che promettono cibo e accoglienza.
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