[Per ogni sorta di chiarimento sul progetto generale rimando al primitivo abbozzo dello schema così come lo scrissi più di tre mesi fa e alla sua compiuta e più recente presentazione.
Come già ripetuto, state per leggere una traccia teorica, senza pretese di esaustività. Se lo trovate eccessivamente complesso, saltatelo.]
Come già ripetuto, state per leggere una traccia teorica, senza pretese di esaustività. Se lo trovate eccessivamente complesso, saltatelo.]
Da una parte, il discrimine del soggetto creante dalla società di provenienza, per fondare e appropriarsi di una voce isolata, indipendente da qualsivoglia influenza esterna. Dall’altra il dialogo con la Tradizione, ogni volta storicamente determinata, che agisce sull’opera del singolo ormai maturato in artista, purché la sua voce non risulti annichilita. Sono queste le prime due figure che abbiamo individuato nell’analisi razionale del processo artistico.
Tuttavia, almeno per l’analisi della causazione dell’arte, manca un passaggio fondamentale *.
[* Si può dividere il processo artistico in due fasi distinte, che si compenetrano e si rinforzano: la causazione dell’arte – ovvero le cause della nascita dell’artista e della sua opera – e la finalità dell’arte; tuttavia, meglio non anticipare nulla, per non confondere maggiormente le idee.]
L’artista non può restare isolato in se stesso. Come ogni essere umano, fin dalla nascita vive con e per gli altri, in una rete sociale che non si può fare a meno di eludere, per quanto stretta e paralizzante essa possa risultare *.
[* Esiste dunque una ragione biologica della vita sociale dell’essere umano, spiegata dalla biologia evoluzionista e dall’antropologia; ragione talmente radicata in noi da non poter che riflettersi nella facoltà artistica – la più marcatamente umana di tutte le nostre facoltà – che spinge il singolo a (ri)proporre alla società di provenienza le sue opere.]
Abbiamo già detto, con una formula colpevolmente oscura, che “nessun genio è isolato”. Questo non vale solo a livello compositivo o, per così dire, tematico – artistico (in quanto l’arte si rinnova dalle sue ceneri, e si alimenta con la sua stessa vita) ma anche e più semplicemente a livello sociale.
In altre parole, l’artista per essere riconosciuto come tale ha bisogno di riavvicinarsi alla società dalla quale in un primo momento si era distaccato. L’Io rimane legato, per così dire, al suo ambiente di provenienza, con il quale non potrà mai fare a meno di dialogare, forse anche in modo inconscio.
Il nodo che abbraccia artista e società è un nodo costitutivo del concetto stesso di “arte” *.
[* Il processo artistico, che nasce dal singolo, diverrebbe sterile se non conoscesse un altro dialogo, quello con la società, che ridefinisce i rapporti dell’Uno con gli Altri; l’artista può cercare di reintegrarsi oppure rifiutare di farlo: in ogni caso le sue scelte dialogano con l’Altro.]
Si rende perciò manifesta un’altra curiosa proprietà del fenomeno artistico, il suo essere causato non propriamente da un singolo artista creante , ma piuttosto da un “soggetto sovraindividuale” formato dal singolo (il motore), dagli spettatori o fruitori dell’opera (i destinatari) e dal periodo di tempo occupato nel riconoscimento dell’arte *.
[* Quel che a prima vista sembrerebbe una bizzarria, in realtà non è che una formulazione dettata dal buonsenso e dall’esperienza quotidiana. Abbiamo finora parlato di “fenomeno artistico” proprio perché, come tutti i fenomeni, esso è temporaneo e richiede un agente e un oggetto. L’esperienza artistica non è immortale, né sempiterna: dipende dalla fruizione dello spettatore. Senza di esso, l’arte non esiste. Il fenomeno artistico potrebbe durare meno di due mesi, o addirittura, nel caso di un’installazione moderna, solo qualche minuto. La variabile “tempo” influisce enormemente sull’intero processo; tuttavia non è necessario che i due momenti di creazione e ricezione siano contemporanei.]
L’arte è bifronte: nasce da un’individualità pura e allo stesso tempo dipende da una collettività. Il dialogo con la società permette all’arte di compiersi in essa.
Per capire quanto importante sia il ritorno alla società di provenienza, ovvero a quel gruppo di persone che sono disposte a dialogare con l’opera dell’artista, basta pensare a quello che succederebbe se il singolo non proponesse i suoi lavori alla collettività.
Il problema della divisione tra arte e non-arte, allora, non si porrebbe neppure, in quanto non si avrebbe nulla da analizzare: l’opera, al di fuori del pubblico, non esiste. Esisterebbero materiali, opere d’arte potenziali; ma la qualità viva dell’arte resterebbe latente e sconosciuta.
Solo quando il pubblico interviene a dare vita all’opera, innescando quel processo di riconoscimento che la attualizza, si può parlare di una conclusione del processo artistico.
Dall’Io distaccato, in cerca di un’individualità biografica oltre a quella sociale, si passa a un Io dialogante con la Tradizione, in conflittuale rapporto col passato; infine, l’Io legato sarà costretto a riconoscere l’impossibilità di un distacco definitivo dall’Altro, in quanto è l’insieme sovraindividuale Creante – Ricevente a fondare l’opera d’arte in atto.
Tuttavia, almeno per l’analisi della causazione dell’arte, manca un passaggio fondamentale *.
[* Si può dividere il processo artistico in due fasi distinte, che si compenetrano e si rinforzano: la causazione dell’arte – ovvero le cause della nascita dell’artista e della sua opera – e la finalità dell’arte; tuttavia, meglio non anticipare nulla, per non confondere maggiormente le idee.]
L’artista non può restare isolato in se stesso. Come ogni essere umano, fin dalla nascita vive con e per gli altri, in una rete sociale che non si può fare a meno di eludere, per quanto stretta e paralizzante essa possa risultare *.
[* Esiste dunque una ragione biologica della vita sociale dell’essere umano, spiegata dalla biologia evoluzionista e dall’antropologia; ragione talmente radicata in noi da non poter che riflettersi nella facoltà artistica – la più marcatamente umana di tutte le nostre facoltà – che spinge il singolo a (ri)proporre alla società di provenienza le sue opere.]
Abbiamo già detto, con una formula colpevolmente oscura, che “nessun genio è isolato”. Questo non vale solo a livello compositivo o, per così dire, tematico – artistico (in quanto l’arte si rinnova dalle sue ceneri, e si alimenta con la sua stessa vita) ma anche e più semplicemente a livello sociale.
In altre parole, l’artista per essere riconosciuto come tale ha bisogno di riavvicinarsi alla società dalla quale in un primo momento si era distaccato. L’Io rimane legato, per così dire, al suo ambiente di provenienza, con il quale non potrà mai fare a meno di dialogare, forse anche in modo inconscio.
Il nodo che abbraccia artista e società è un nodo costitutivo del concetto stesso di “arte” *.
[* Il processo artistico, che nasce dal singolo, diverrebbe sterile se non conoscesse un altro dialogo, quello con la società, che ridefinisce i rapporti dell’Uno con gli Altri; l’artista può cercare di reintegrarsi oppure rifiutare di farlo: in ogni caso le sue scelte dialogano con l’Altro.]
Si rende perciò manifesta un’altra curiosa proprietà del fenomeno artistico, il suo essere causato non propriamente da un singolo artista creante , ma piuttosto da un “soggetto sovraindividuale” formato dal singolo (il motore), dagli spettatori o fruitori dell’opera (i destinatari) e dal periodo di tempo occupato nel riconoscimento dell’arte *.
[* Quel che a prima vista sembrerebbe una bizzarria, in realtà non è che una formulazione dettata dal buonsenso e dall’esperienza quotidiana. Abbiamo finora parlato di “fenomeno artistico” proprio perché, come tutti i fenomeni, esso è temporaneo e richiede un agente e un oggetto. L’esperienza artistica non è immortale, né sempiterna: dipende dalla fruizione dello spettatore. Senza di esso, l’arte non esiste. Il fenomeno artistico potrebbe durare meno di due mesi, o addirittura, nel caso di un’installazione moderna, solo qualche minuto. La variabile “tempo” influisce enormemente sull’intero processo; tuttavia non è necessario che i due momenti di creazione e ricezione siano contemporanei.]
L’arte è bifronte: nasce da un’individualità pura e allo stesso tempo dipende da una collettività. Il dialogo con la società permette all’arte di compiersi in essa.
Per capire quanto importante sia il ritorno alla società di provenienza, ovvero a quel gruppo di persone che sono disposte a dialogare con l’opera dell’artista, basta pensare a quello che succederebbe se il singolo non proponesse i suoi lavori alla collettività.
Il problema della divisione tra arte e non-arte, allora, non si porrebbe neppure, in quanto non si avrebbe nulla da analizzare: l’opera, al di fuori del pubblico, non esiste. Esisterebbero materiali, opere d’arte potenziali; ma la qualità viva dell’arte resterebbe latente e sconosciuta.
Solo quando il pubblico interviene a dare vita all’opera, innescando quel processo di riconoscimento che la attualizza, si può parlare di una conclusione del processo artistico.
Dall’Io distaccato, in cerca di un’individualità biografica oltre a quella sociale, si passa a un Io dialogante con la Tradizione, in conflittuale rapporto col passato; infine, l’Io legato sarà costretto a riconoscere l’impossibilità di un distacco definitivo dall’Altro, in quanto è l’insieme sovraindividuale Creante – Ricevente a fondare l’opera d’arte in atto.
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