lunedì 8 marzo 2010

Il fallimento del femminismo, Parte Seconda: l'erotizzazione della donna



A Sara, un’amica e una madre.


La prima parte dell’intervento voleva essere un’analisi, supportata da immagini e video, del cambiamento della visione della donna e del suo spazio sociale, con particolare enfasi all’ambito musicale.

La donna era prigioniera del suo corpo. Poi, esasperata, lo ha imbrandito come un’arma, come istanza di protesta, come simbolo di una propria dignità. Quindi, ormai libera, ne ha intuito le potenzialità infinite ed ha cominciato ad utilizzarlo come strumento di autorealizzazione. Ora, portata agli estremi questa scelta, ne sono di nuovo ridivenute schiave.

Oggi la donna non può fare a meno del corpo, un po’ come la musica, per potere affermare pienamente se stessa.”

Giungere a queste conclusioni è stato relativamente facile, soprattutto perché, servendosi di un canale comunicativo formidabile e diretto quale quello musicale, è più semplice trasmettere e generalizzare idee o contenuti teorici.

Un problema emerge ora in tutta la sua gravità. La trattazione deve per forza farsi più astratta, perdendo necessariamente un quid in immediatezza ed efficacia.

L’astrazione di questo secondo intervento dipende in primo luogo dal cambiamento d’ambito: da un settore relativamente facile da ordinare e sicuramente più quotidiano, quello musicale o spettacolare, si passa ad un non-ambito, quello sociale.

Cosa c’è di più quotidiano della socialità?, mi risponderete.
Vero, ma come tutti gli ambiti vivi, e per quello in continua evoluzione, è difficile isolarne componenti teoriche fisse; sei condannato alla mobilità, non puoi prendere le distanze. Per questo l’ho chiamato non-ambito.

Secondariamente, l’astrazione è necessaria per epurare l’analisi da componenti che derivano dalla mia esperienza personale, che potrebbe inficiare enormemente la neutralità dell’intervento.

Certo, la riflessione parte necessariamente da esperienze personali e osservazione diretta, ma non si esaurisce qui, o meglio, tenta di non farlo.

Come avevo promesso nella prima parte, non intendo fare moralismo. Per questo è necessario fugare ogni dubbio soggettivo e scrivere con mente lucida.

Per iniziare credo sia necessario introdurre il concetto di erotizzazione della società.

Vivere in una società erotizzata significa essere sottoposti ad impulsi erotici frequenti (superiori, cioè, ad una teorica soglia standard) e diffusi a vari livelli di comunicazione.

Le cause dell’erotizzazione della società non possono essere ricercate in questa sede, per complessità e per ragioni di spazio.

Sicuramente però, le leggi del mercato capitalistico hanno avuto una grande parte nella sua genesi. Dal momento che il prodotto di mercato si trasforma da prodotto di sopravvivenza a prodotto di consumo, emerge il bisogno di stimolarne la vendita, che altrimenti non avrebbe luogo.

La pubblicità nasce ovviamente a questo scopo; ed è proprio al fine di persuadere il consumatore che essa fa leva sui suoi impulsi naturali.

Se non fosse così, la pubblicità di oggi (almeno la maggior parte di essa) sarebbe il frutto del peggiore (migliore?) incubo di un erotomane; né non si potrebbe spiegare la presenza di personaggi divenuti ormai parte integrante dell’immaginario spettacolare, ossia le celebri vallette.

Credo quindi che si possa dire che l’erotizzazione nasca come fenomeno pubblicitario, e che il suo scopo sia quello di attirare l’attenzione dello spettatore facendo leva sui suoi istinti (intesi in senso puramente psicologico e non biologico).

Ma non sono sicuro che l’analisi del fenomeno si possa fermare qui.
Devono sicuramente esistere degli altri motivi, più difficili da individuare, che ne hanno causato l’insorgenza.
Per adesso tuttavia, basti questo.

Quello che qui interessa sono piuttosto gli effetti dell’erotizzazione della società, di come questo fenomeno sia penetrato gradualmente nella coscienza della società Occidentale fino a divenire quasi inavvertito.

Come tutti i fenomeni sociali c’è bisogno di un certo lasso di tempo affinché si possa dire con sicurezza che siano divenuti “fenomeni quotidiani” o condivisi dalla maggioranza dei componenti della società.

Credo che oggi si possa affermare che il fenomeno dell’erotizzazione sia ormai divenuto quotidiano, almeno per quanto riguarda la mia generazione (dalla metà degli anni ’80 alla metà degli anni ’90, con buona approssimazione).

Ora, cosa c’entra tutto questo con il femminismo? Come si può parlare di un fallimento del femminismo?

La grandi battaglie per i diritti delle donne, combattute in piazza nella metà degli anni ’70 in Italia, ha avuto profondi effetti sociali.

Le donne, a costo di terribili sacrifici e non senza profonde contraddizioni ( si veda a proposito il bellissimo documentario Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi) sono finalmente riuscite ad imporre de jure la loro uguaglianza civile (si pensi che le legge sul delitto d’onore è stata abrogata solamente nel 1981), in un paese condannato al severo controllo del clero e di un ceto politico indifferente ai bisogni concreti degli elettori.

In altre parole, e parafrasando il famoso slogan (“io sono mia”), le donne hanno ripreso il controllo del loro corpo, e lo hanno utilizzato, esposto e mostrato come simbolo di una propria dignità e libertà.

Il cambiamento rispetto alla situazione odierna non potrebbe essere più profondo.
Credo, a questo proposito, che il femminismo abbia cambiato non solo l’assetto giuridico del nostro paese, ma anche la ricezione e il modo di pensare il corpo femminile.

Si sono riconosciute le enormi potenzialità del loro corpo femminile che, con il passare del tempo, è passato da simbolo e fine del pensiero femminista (si pensi all’aborto, tema ancora oggi dibattuto e combattuto, e alle atroci sofferenze, sia fisiche che psicologiche, che comportava l’aborto illegale), a mezzo e risorsa per guadagnarsi un posto in ambito sociale.

Liberate dalla posizione di mogli e madri, da un peso ancestrale che finalmente si disgregava sotto la spinta di una nuova coscienza civile, ora si poneva per loro il problema di trovare un posto nella società, di ricreare finalmente un’identità che esulasse dalle istituzioni tradizionali.

Questo fattore deve aver giocato un ruolo fondamentale nel cambiamento e nel progressivo fallimento degli ideali femministi; considerando inoltre
a) un potere sempre crescente del capitalismo spettacolare;
b) un’incipiente crisi in ambito politico, la crisi dei partiti e delle ideologie (destinata ad esplodere da lì a pochi anni); e
c) la nascita di una televisione commerciale del tutto priva di una deontologia etica;

ci si può fare un’idea quantomeno fumosa ed imprecisa ma utile, delle cause che hanno “ritorto” il corpo della donna contro se stessa.

Oggi il fenomeno ha raggiunto un apice in intensità e diffusione. Per acquisire un certo prestigio sociale e per arrivare de facto alla parità civile, la donna è costretta (o accetta) di vendere il proprio corpo, la propria immagine.

Lo sdoganamento più totale e sfrenato dell’erotico nella vita quotidiana non potrà non avere profonde conseguenze anche sul modo di vivere le relazioni, la femminilità e il rapporto tra uomo e donna; conseguenza che cominciano ad essere osservate in questi anni nella nostra generazione.

Disinformazione innanzitutto; ma anche noncuranza per i sentimenti del partner, profonda insicurezza, fobie inestirpabili in molti, ansie e rifiuto del proprio corpo.
Non c’è ambiente o strato sociale, oggi, svincolato da questo tipo di logica.

Oggi l’uguaglianza della donna (ri)passa per il corpo.

Non si possono raggiungere cariche pubbliche di una certa importanza senza l’aiuto di un uomo o dell’aspetto; non si può più nemmeno immaginare che le donne vengano ripensate socialmente e accettare che esse abbiano una dimensione mentale diversa dalla nostra; che manifestino i loro sentimenti senza necessariamente cadere, a vostra scelta, nell’isterismo o nel sentimentalismo.

Credo la vera perdita, in fondo, sia quella di un’autonomia caratteriale, di una dignità che riguarda in primissimo luogo la personalità della donna, il suo modo di viversi tale, che oggi tende ad eclissarsi – sembra – necessariamente dietro tipi o precise categorie.

Sono convinto che una donna compiutamente autonoma, in televisione come nella realtà, oggi farebbe paura, inquieterebbe lo spettatore o l’interlocutore.

E, cosa ancora più grave, “darebbe nell’occhio”; grave dal momento che, invece, dovrebbe essere la prassi.

E certamente una classe politica che propone un’immagine femminile machista e stereotipa, (in)naturale figlia del nostro tempo, non aiuta di sicuro a contrastare il fenomeno dell’erotizzazione della donna.

È questo che chiamo “fallimento del femminismo”.
È questo che osservo soprattutto nelle ragazze (e conseguentemente nei ragazzi, in negativo) della mia generazione.
È di questo che prendo atto, senza potere fare a meno di provare una profonda inquietudine.


2 commenti:

  1. Il post è indubbiamente interessante e abbraccia una questione che ci investe continuamente nelle relazioni sociali.
    Mi permetto di fare qualche osservazione sconnessa, nella speranza che possa contribuire a potenzionare la lettura interpretativa di persone come te, che sono riuscite a costruirsi un'opinione compiuta e soddisfacente della tematica. Mi scuso da prima del fatto che andrò presumibilmente fuori strada: ho un'inquadratura sfocata e ignorante dell'argomento, e non posso che limitarmi a elencare alcune impressioni più o meno pertinenti.
    1) questa erotizzazione della società mi sembra che cominci a divenire problematica e instabile. Tette e Culi si affacciano sullo schermo in modo sempre più stanco. I culi ballano freneticamente per richiamare un'attenzione sempre più svogliata, indifferente. Forse è l'assuefazione che porta ad osservare corpi da vetrina con piglio sempre più critico ed implacabile. La vecchia "oscenità" sdoganata ci ha reso quasi eunuchi, in un'ondata di rigetto. Costretti a rapportarci continuamente con corpi del desiderio (oggetto di consumo), ci siamo straniati. La vallette sono sempre più patetiche. I maschi, smarriti, si buttano sul viagra nel tentativo di non essere estromessi da un mercato considerato ancora potente e appagante, ma da cui presto o tardi cominceranno a prendere le distanze, innescando un meccanismo a catena.
    2) molto connesso al primo, è l'ilarità della pornografia. La pornografia, ormai, diverte. Ma in un modo diverso da una volta. Se prima c'era la malizia, lo sguardo d'intesa, la curiosità, il "fascino dei sensi", ora si sta sostituendo il senso del ridicolo, dell'assurdo. L'atto sessuale diviene comico. Il dispiegamento del menù di perversioni, che divengono platealmente visibili e che sempre meno si bacchettano e a cui sempre più si ammicca, oltre/invece di "liberare istinti", spinge ormai l'uomo (della nostra generazione) ad una riflessione attenta e meticolosa delle forze organiche, sociali, psicologiche attive in un campo del genere.
    3) il rapporto di coppia non è mai stato così confuso e confondente. "L'amicizia" pone molti meno problemi, mi pare. Ciò mi sembra decisamente significativo.


    Tutto ciò potrebbe portare a sviluppi curiosi.

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  2. Grazie per il commento!

    Nonostante abbia qualche riserve sul tuo primo punto (per quanto "alienate", le vallette non stancheranno mai e continueranno il loro compito di "distrazione sociale"), hai del tutto centrato il secondo.

    La banalizzazione e la comicità della pornografia comincia effettivamente e svilupparsi, soprattutto nella nostra (mia?) generazione.

    Questo mi fa pensare che l'atto sessuale in sè venga in un qualche modo svilito, privato di importanza, decontestualizzato. Molte delle violenze che ancora oggi, purtroppo, affliggono le donne in tutto il mondo potrebbero forse derivare in nuce anche da questo fatto.

    Non voglio condannare la pornografia, non è questo che mi interessa. Non voglio cadere nell'errore di Lorenz, che più o meno trent'anni fa, da bravo etologo, pensava che la pornografia avrebbe portato la specie umana a disinteressarsi a tal punto della riproduzione da rischiare l'estinzione.

    Quello che mi interessa è invece la ricezione della pornografia, e dell'immagine femminile che essa veicola, nelle nuove generazioni.

    Insisto su questo punto perché mai nella storia umana si è avuto un tale sviluppo e diffusione, grazie alla Rete, di tanto materiale erotico, accessibile a chiunque.

    Anche sul terzo punto sono d'accordo, in quanto non fa che trarre le logiche conseguenze del precedente.

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