Ci si lascia l'agorà alle spalle,
salendo. L'ombra bassa e odorosa dei pini è come una promessa:
nasconde il sole spietato, allevia la fatica dell'ascesa. Le
indicazioni sono poche, sulla collina della Pnice - i turisti ancora
meno. Qualche ateniese si riposa su una panchina scrostata, fuma,
dormicchia. Le lucertole approfittano degli sprazzi di luce disegnati
sugli aghi di pino prima di sparire inghiottita nel folto delle
agavi. Tutto odora di caldo, tutto è immobile nel frinire delle
cicale.
Si ascende fino alla cima, poca cosa
in confronto all'Acropoli. Quindi il verde dirada, si apre imprevisto
a un bianco accecante, verso ponente. Spunta la roccia, nuda, come se
avessero ferito la collina fino a mostrarne le ossa. È un teatro
naturale, a semicerchio, che degrada impercettibile. Non un arbusto,
se non sterpi bruciati e spinosi. A est, le chiome ossute dei pini; a
ovest la città, a perdita d'occhio, un mostro incoerente di case e
terrazze bianco sporche, che sale ed avvinghia alla gola il monte Licabetto.
Dal
bema, il blocco di
roccia bianco e consumato sul quale prendevano parola gli oratori, si
assiste alla più bella vista dell'Acropoli che possa offrire la
città: spunta inaccessibile dal verde cupo dei pini, si mostra
frontalmente, con i Propilei in primo piano. Sulla sinistra le mura a
strapiombo, a destra le colonne del Partenone; s'intuisce la
presenza dell'Eretteo. È una visione, un monito, un timore; è la
quinta che s'imponeva come occhio severo al retore di turno.
Il
luogo di nascita della democrazia ateniese, il cuore politico
dell'ekklesia da cui è
passata e si è fatta la storia della città, è oggi uno spiazzo
arso dal sole, dimenticato perché assente sulle guide, poco
frequentato perché sostanzialmente privo di attrazioni. Come una
cicatrice questo luogo è sopravvissuto uguale a se stesso sulla
pelle di Atene, l'unico forse a preservarne la riservatezza e la
severità antiche.
Sulla Pnice si fissano negli occhi le
due facce di Atene, quella elegante e sovrumana scolpita nel marmo
pentelico, e quella bulimica, caotica e violenta dell'Atene moderna; se ne respira la contraddizione. Quale possibile convivenza? Una
gazza ci saltella attorno, prima di prendere il volo, si perde tra il
verde.
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